Terza tappa: Cienfuegos, la ciudad que me gusta mas

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COSE DA FARE E QUANDO:

  • Aperitivo all’ultimo piano del palacio de Valle: una piccola Alhambra con vista sul mare, il mojito costa 2 euro con musica dal vivo
  • Una passeggiata lungo le vie principali della zona sud, Punta Gorda
  • Una passeggiata in centro città: se si alloggia a Punta Gorda (zona più chic) basta prendere un bici taxi per raggiungerlo in pochi minuti percorrendo il malecon
  • Escursione a Rancho Luna: camminate oltre la spiaggia principale e scoprirete a ridosso di un piccolo villaggio turistico un’oasi naturale lontana dal caos e con un ristorantino economicissimo. Portate una maschera perchè al largo c’è la barriera corallina.
  • Vivere la movida notturna: è una città piena di giovani, universitaria, c’è pochissimo turismo ed è piena di locali dove ballare fino al mattino in tutta sicurezza e spendendo poco

 

Cienfuegos è la città di Cuba che preferisco. Elegante, pulita, con edifici sontuosi che ti parlano di quanto questa città, prima dell’embargo, fosse la meta più richiesta dai ricchi americani durante l’epoca del proibizionismo. E’ chiamata non a caso la Perla del Sur. 

E’ bagnata dal mare, ma non è certo la spiaggia bianca da cartolina. Basta comunque per trascorrere una giornata in allegria, visto che verso il tramonto l’appuntamento dei giovani è proprio al parco Jose Marti, nella zona di Punta Gorda (la zona più chic della città), a ritmo di musica e cerveza. Di certo l’igiene non è il loro massimo, visto che fanno tutti il bagno vestiti. Ma non essendoci molti turisti visitare il parco al tramonto è il modo migliore per vivere la vera realtà cubana, con tutti i suoi pregi e difetti.

A Cienfuegos ho conosciuto le persone più belle e che mi hanno dato di più a livello umano. Mi sono integrata e mi sono sentita a contatto con dei cubani estranei ai meccanismi “sfrutta turisti”. Esteban, professore di musica e chitarrista la sera, suona per passione e non per guadagnare. Ha rifiutato anche la mancia che gli avevo offerto – perché davvero meritava -a fine esibizione. Ha un talento naturale per la chitarra, riesce a riarrangiare qualsiasi canzone, da Lady Gaga a Enrique Inglesias, da Benny Moré a Leonard Cohen. E’ innamorato della sua ragazza e penso sia l’unico cubano fedele che abbia conosciuto in vita mia. Lei fa la maestra delle elementari e si sposeranno a breve. Lui sogna di andare a lavorare come musicista all’estero, ovviamente con la sua donna, ma nel frattempo si diverte a suonare per gli altri a Cuba.

Jesus invece è un bici-taxi pazzo scatenato. Il suo nome in codice è “El guerrillero”. Ho riso tantissimo con lui: perennemente ubriaco, ascolta musica a tutto volume mentre pedala e ogni tanto si ribalta da solo lungo la strada. Ma si alza subito, come nulla fosse, si fa una risata e riparte. Non parla mai di sè, probabilmente ha un passato da nascondere o da dimenticare. E probabilmente se lo è anche già dimenticato, dato che il rum ormai gli avrà bruciato numerosi neuroni. Una sera mi ha fatto guidare la sua bicicletta: ho iniziato a caricare gente a caso lungo il Malecon per portarla in discoteca a ballare (il locale più carino è il Patio, fanno musica di tutti i generi, anche internazionale e dance reggaetton). E lui continuava a cantare da “trasportato”. Adorabile macchietta.

Il suo collega, Carlos, invece, è il suo esatto opposto: un ragazzo di 28 anni, che di giorno lavora come muratore e che la sera fa il bicitaxi per arrotondare e mantenere la famiglia, dato che il padre è morto. “Con il mio lavoro ufficiale guadagno 130 euro al mese, non potrei mantenere mia mamma e mia sorella. Così ho iniziato a fare il bicitaxi. Con i turisti riesco anche a portare a casa 25 euro a sera. Unico problema: ho dovuto rinunciare a fare sport. Una volta amavo giocare a calcio. Ora facendo dai 50 ai 100 chilometri al giorno in bici ho le gambe distrutte. Ho perso 7 chili da quando ho iniziato. Ma non posso fare altro, la mia famiglia viene prima di tutto”. Prima della morte di suo padre aveva provato a scappare su una barca della speranza diretta a Miami. Ma la sua “carretta” era affondata subito dopo essere partita. Non ha quindi mai visto Miami, ma almeno è riuscito a tornare a riva in qualche ora senza essere mangiato dagli squali o morire annegato.

I proprietari della casa particular di Punta Gorda dove ho alloggiato avevano vari figli. Un giorno li ho portati in spiaggia e mi sono fermata a parlare con loro. Dei ragazzini dai 5 ai 12 anni di una curiosità meravigliosa. Penso che non ci sia sintomo di intelligenza più veritiero della curiosità: hanno voluto sapere tutto dell’Italia, dell’Europa, hanno iniziato a parlare qualche parola di inglese e di italiano. Mi sono sentita in famiglia, circondata da piccole pesti curiosissime e dal cuore buono: non mi volevano più lasciare andare via e abbiamo giocato tutto il giorno. Se questi ragazzini così svegli avessero le stesse possibilità che ha un bimbo europeo, probabilmente, sarebbero tutti premi Nobel o imprenditori rampanti. Unico lato negativo: la loro concezione della vita. La morte non spaventa, anzi, l’hanno vista così tante volte in faccia che è diventata la normalità. E’ normalissimo parlare di parenti morti, anche di stenti, fratelli, sorelle, padri, madri: nessuno soffre, è come raccontare cosa si è mangiato per cena. Anche per i più piccoli. Così è anche per gli animali: il rispetto per cani e gatti non esiste. Non vengono trattati male, nessuno usa violenza, vengono proprio ignorati. Se si vede un animale in sofferenza, semplicemente ci si gira dall’altra parte. Sono così tanti gli animali randagi per Cuba che uno in più o uno in meno non fa la differenza. Quel pomeriggio in spiaggia, ad esempio, è arrivato un cucciolo di cane meraviglioso che non vedeva l’ora di giocare con i bambini. La prima mezz’ora il cagnolino si è tuffato con loro, si sono rincorsi per la spiaggia, abbaiava divertito agli schizzi d’acqua. Era una gioia vederli insieme. Poi, però, quando il cane ha iniziato a stancarsi e voler riposare, i bambini hanno continuato a portarlo in acqua contro la sua volontà. Ha iniziato ad annaspare e loro si divertivano a spingerlo ancora più sotto. Sono intervenuta, l’ho portato a riva e lui si è nascosto tremante dentro la mia borsa. Se non ci fossi stata io, l’avrebbero certamente ucciso.

Ho conosciuto poi tanti giovani di circa 20 anni, che alloggiavano vicino a casa mia e mi hanno “adottata” portandomi a ballare. Sono esattamente identici ai “nostri” ragazzi di vent’anni: divisi tra pene d’amore, innamoramenti lampo, rum e reggaetton, voglia di ballare e divertirsi e, se riescono, di tornare a casa in dolce compagnia. La loro vita è scandita tra scuola, spiaggia al tramonto e locali la sera. Sono gentili ed ospitali, anche se guadagnano poco vogliono offrire tutto loro. E guai se rifiuti di ballare la salsa. E tutti loro sognano, un giorno, di laurearsi e scappare in Europa.

Non a caso prima ho parlato di Benny Moré. Cienfuegos è la città di Benny Moré e lui è l’orgoglio dei suoi cittadini. Gli è stata dedicata una statua, ogni locale ha qualche riferimento legato a lui (un po’ come Hemingwey per il resto di Cuba), ogni cittadino ne parla con la luce negli occhi e conosce tutte le canzoni. La musica è una costante anche qui. Anche nei numerosi bici taxi, che vi consiglio assolutamente di provare: girovagare per la città con il vento sul viso e la musica tamarra sparata nelle casse è un’esperienza che merita l’intero viaggio fino a Cienfuegos. Divertimento assicurato.

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