L’itinerario perfetto sui Monti Lessini in bici: la vecia via della lana, con degustazione finale

Era una vita che volevo farlo. E finalmente l’ho fatto: un bel giro in bici sui Monti Lessini, unendo due territori che adoro dal punto di vista enologico come quelli di Soave e per l’appunto dei Lessini, partendo dalla pianura e arrivando in montagna, per la precisione nella punta sopra a Bolca, il paese dei fossili. Il tutto con gran degustazione finale, in una delle cantine che più adoro, ovvero quella di Sandro De Bruno, assaggiando durello metodo classico e Soave.

Ma andiamo per ordine: qual è la strada più bella scoprire questo territorio? Noi abbiamo optato per le vie storiche: prima il “percorso dei 10 capitelli“, che collega Monteforte d’Alpone alla cittadina di Soave, poi la “Vecia via della lana” che porta su su in cima fino a Bolca e, dopo la discesa, un ritorno verso Monteforte lungo la “Via dell’acqua“, ovvero una splendida ciclabile che costeggia il torrente Chiampo fino ad Arzignano. Un giro gravel accessibile a tutti i mediamente allenati: 75 km con 1300 di dislivello attivo. Fondo stradale, ovviamente, tutto off road, tranne la parte finale in discesa (abbiamo voluto risparmiarci un po’ le gambe).

Percorso dei 10 capitelli

Questo percorso davvero suggestivo collega Monteforte d’Alpone, spartiacque tra i Lessini e Soave, e la città di Soave. E’ ben intuibile perché si chiami così: il sentiero sterrato che si snoda in mezzo alle colline e ai terrazzamenti delle vigne (meraviglioso!) è punteggiato da capitelli votivi. Ma la vera meraviglia qui è il panorama: si pedala in mezzo alle vigne, si ammirano colline terrazzate da ogni lato, ogni curva regala un’emozione diversa e, infine, si circumnaviga castello di Soave per immergersi in una vera favola (occhio che proprio a fianco del castello il terreno diventa più sconnesso, soprattutto in discesa ripida). Pensate che il territorio del Soave è entrato a far parte della FAO, il 53simo sito mondiale, e primo in Italia legato alla viticoltura, un riconoscimento dove vengono tutelati come patrimonio dell’umanità i tratti distintivi di questo territorio: la pergola veronese, il sistema delle sistemazioni idrauliche fatto di muretti a secco e terrazzamenti, l’appassimento e il Recioto di Soave.

La “fine” del percorso è porta Aquila, che vi farà entrare nel borgo storico di Soave, ovviamente accolti da grappoli appesi alle mura storiche.

La vecia via della lana

Da Soave abbiamo imboccato la “Vecia via della Lana“, un percorso meraviglioso di circa 30 km, sterrato ma con pochissimi tratti sconnessi, che arriva fino in cima ai monti Lessini. Era la strada, come dice il nome, che facevano i commercianti di lana che portavano il materiale grezzo dai pascoli in alta quota alle aziende delle città. Ed è tutto immerso tra colline, montagne, viti, ciliegi, boschi, strapiombi su panorami da cartolina che variano man mano che sale l’altitudine (si arriva fino ai mille metri).

I panorami sono tantissimi, ed è davvero difficile raccontarli a parole perché riempiono di emozione ogni sguardo. Dai colori del foliage sulle vecchie chiesette come quella di San Matteo, alla imponenza del Castello di Illasi che domina un panorama completamente vitato e pieno di magia, all’altopiano di Tregnago da dove inizia una salita assai tosta, fino al punto più alto, San Bortolo, che si trova proprio a qualche km di discesa da Bolca, città dei fossili. Qui il panorama ovviamente diventa montano, con alte cime, prati verdi e … tantissime pecore. Se volete mangiare qualcosa di assai tradizionale e buonissimo, fermatevi a Bolca, nel ristorante hotel Adele (consiglio i tortelli con la pasta degli gnocchi).

Il mio unico consiglio è quello di pedalare con occhi e cuore aperto, senza pensare alle gambe: solo così non si sente la fatica, ma si coglie ogni sfumatura della natura, che qui è proprio “tanta”!

La via dell’acqua

Da qui inizia la discesa. E che meraviglia: dolce e gentile, vi permette di prendere tutta la velocità che volete senza troppo pericolo, attraversando montagne, colline, torrenti… Fino ad arrivare nella valle del Chiampo. Sarà proprio il torrente Chiampo poi ad accompagnarvi di nuovo verso Monteforte d’Alpone, grazie a una lunga ciclabile chiamata “Via dell’acqua”, che lo costeggia per una decina di km.

Qui siamo già in provincia di Vicenza e il percorso inizia da Durlo, un paesino della Lessinia Orientale, situato a 845 metri di altitudine sul livello del mare, in provincia di Vicenza. Alle sue spalle la Purga di Durlo, montagna di origine vulcanica, a forma di cono praticamente perfetto. Il segnavia di questo anello è una goccia d’acqua blu, facile da seguire anche all’interno degli splendidi boschi di faggio e castagni che attorniano il paese, e segue poi la ciclabile lungo il torrente.

Da Arzignano poi, seguirà uno sterrato che vi condurrà verso l’altra parte della Lessinia, passando per strade (anche chiuse ma facilmente superabili in gravel) e varie aziende agricole e cantine. Tra questa, imperdibile, la cantina Sandro De Bruno, che ci ha accolto per una degustazione spettacolare.

L’Azienda Sandro De Bruno, nata nel 2022, vuole proporre una personale e semplice idea di vino, traendo dal territorio tutte le peculiarità che la vite può donare. In cantina, come in vigna, viene garantita la massima cura e attenzione alla qualità del prodotto, ottenendo così vini di lunga durata e in continuo miglioramento, capaci di emozionare nel tempo. Conservati nella stanza del tempo i suoi ottimi Durello metodo classico, che vanno dai 36 mesi sui lieviti in su, tutti millesimati e dosaggio zero. Con queste opere d’arte e d’amore verso un territorio si può scoprire il gusto della durella, vitigno autoctono che trae i suoi sentori da un terreno vulcanico e marino (come dimostrano le presenze di fossili). Tutte le vendemmie avvengono manualmente e lasciando maturare le uve, per conferire rotondità e struttura. A fianco della durella, si trova la garganega, uva che da vita al Soave. In questo caso Sandro De Bruno produce due riserve, una in acciaio e una in legno: assolutamente da provare!

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