Dopo aver attraversato tutte le Marche, il mio coast to coast lungo il parallelo 43 è proseguito in Umbria. Sono entrata dall’altopiano di Colfiorito, per arrivare poi nelle splendide città di Foligno, Spello e Assisi, e riproseguire fino a Perugia per tuffarmi infine sul lago Trasimeno. Una terra sicuramente meno “selvaggia” rispetto alle Marche, sia per vegetazione sia per i panorami più regolari, ma comunque lontana dalla mano dell’uomo che si evince esserci stata (e molto) solo nel suo solenne e sacro passato e molto meno ora, dato che le strade sono davvero poco curate e ricoperte di buche.
L’ Umbria è una regione dal passato importante e ingombrante, che si fa sentire in ogni pietra e in ogni piazza delle sue città medievali. Case, chiese, cattedrali, vie, strade e piazze: ogni cosa possiede la sua storia e la racconta a migliaia di turisti che arrivano qui ogni giorno, in una delle poche regioni italiane non bagnate dal mare, per ascoltarla. Il presente, la modernità, sembrano non appartenere all’Umbria: da ogni scorcio sembra di intravvedere persone in costume d’epoca e i moderni bar, ristoranti, wifi, telefonini, le auto con il loro traffico, sembrano così in contrasto con tutto il resto che diventano quasi un pugno allo stomaco, una macchia da cancellare sulla tela. Tant’è che sono presenti solo in periferia e anche le strutture turistiche conservano quell’aroma di passato anni ’50 che, devo dire, qui ci sta decisamente bene.
L’Umbria è anche la regione più sacra di tutte quelle che ho attraversato e non a caso, Assisi, città di frati, santi, pellegrini, sorge proprio sul parellelo 43. Si deve proprio ai pellegrini che arrivavano da oriente l’origine del sagrantino, l’uva e vino che caratterizza questa zona d’Italia. Lo dimostra il suo stesso nome, che deriva da santo: il vino, infatti, veniva utilizzato durante le celebrazioni eucaristiche nella sua versione dolce. E ancora oggi, questo vino così sontuoso e solenne, robusto, caldo e da meditazione, parla del grande passato di questa terra, cuore dell’Italia.
Ma veniamo al mio viaggio. Come vi dicevo, sono arrivata in Umbria passando dall’altipiano di Colfiorito: una distesa di terra che sembra pianura, ma in realtà si trova a 800 metri d’altezza. Qui campi di pomodori si alternano a quelli di patate, regalando una macchia verde intensa e satura, nel bel mezzo del giallo dei campi di grano già tagliato. Da qui la strada per arrivare a Foligno è stata una delle più divertenti: tutta discesa per 20 chilometri, anche se a causa delle buche e della pendenza, non ho potuto proprio rilassarmi. Sono 20 chilometri in mezzo al nulla, a boschi e borgate arroccate sulle cime delle rocce, dove la natura la fa da padrone con arbusti, alberi e cascate che si nascondono tra i tornanti.
Poi, la meraviglia: Foligno. Una volta superato l’anello di traffico che la circonda (ahimè), è una continua sorpresa di cattedrali, vie storiche, chiese e palazzi medievali. Una città che parla di religione, ma anche di umanità, con i suoi rioni e i suoi abitanti che battibeccano con il loro accento marcato. E all’ora del tramonto, le vie lastricate si accendono di rosso riflettendo il sole che si spegne all’orizzonte.
Da Foligno, poi, riparte la salita. E dopo qualche chilometro si incontra un’altra perla incantata: Spello. Una cittadina medievale, ricca di edifici storici, scalinate e scorci panoramici sulle vigne che la circondano. Da qui è nata tutta la nostra cultura di italiani, di piccoli comuni autonomi, pensanti e pieni di cultura, ma sempre e comunque legati al Vaticano.
Qualche altro chilometro in salita e poi si arriva alla regina madre delle città umbre: Assisi, con le sue piazze panoramiche, le sue cattedrali e i suoi pellegrini (e purtroppo anche con i suoi negozi di souvenir religiosi che sinceramente hanno reso tutto questo molto meno poetico). Assisi si fa desiderare: raggiungerla in bici non è semplice perché si trova proprio sopra a una collina e si termina quindi la strada in salita. Ma non appena si entra dentro alle sue mura si inizia a respirare l’aria di una delle città più magiche d’Italia. Le storie dei suoi grandi protagonisti del passato, da San Francesco a Santa Chiara, si intersecano con le storie personali delle persone che da tutto il mondo ogni anno vengono a visitare i due capisaldi della chiesa cattolica. Le sue strade brulicano di passanti, pellegrini, turisti, bambini, gatti e cani, tutti illuminati di speranza ed energia positiva. E all’interno della cattedrale di San Francesco, l’energia è palpabile: in ogni piano (oggi perfettamente restaurato dopo il terremoto) si possono udire preghiere in ogni lingua del mondo. Assisi non è una città, è un monumento vivente.
Da Assisi poi sono ripartita alla volta dello specchio d’acqua che più si avvicina a un mare in Umbria: il lago Trasimeno. Una tappa piuttosto corta (la tappa precedente, anche a causa delle alte temperature, era stata distruttiva): 50 km, con un’unica salita per raggiungere Perugia, e una morbida discesa per raggiungere San Feliciano, un piccolo comune che si affaccia sulle sponde del lago senza troppo turismo.
Il panorama da Assisi a Perugia è bello “a tratti”: le prime città che si incontrano sono tutte molto caratteristiche, soprattutto Santa Maria degli Angeli con la sua cupola dorata, e Bastia Umbra con il suo centro ricoperto di pietre faccia a vista. Ma poi, per raggiungere Perugia, escludendo il caratteristico ponte che si attraversa a Ponte San Giovanni, mi sono trovata a percorrere strade abbastanza trafficate, circondate da negozi, centri commerciali, capannoni industriali. Anche la salita che porta a Perugia, togliendo qualche scorcio che si affaccia sui vigneti (da qui siamo molto vicini a Montefalco, dove viene prodotto il famoso sagrantino Docg), non riserva particolari sorprese. Per ritrovare la natura e i suoi paesaggi bisogna avvicinarsi di molto al lago Trasimeno, dopo Magione. Da questo punto tutto torna a essere un panorama, tra vigneti e uliveti, con la discesa finale verso il grande specchio d’acqua di origine tettonica.
Io mi sono fermata a San Feliciano, appena più a sud del parallelo 43, perché volevo scappare dall’invasione turistica del 13 agosto (sì ci sono capitata proprio in “quei” giorni in cui tutta Italia si muove). Si tratta di un paesino piccolino, con una chiesa, un teatro, un bar sotto gli alberi, ristoranti in cui degustare pesce di lago e un pontile sul lago da dove tutti i residenti si tuffano per fare il bagno all’ora del tramonto. Intere famiglie si danno appuntamento con gonfiabili, occhialini, teli da mare per regalarsi un’ora di spensieratezza nuotando nelle calde acque di questo lago. Al momento del tramonto, tutto è uno spettacolo: il sole si riflette sulle acque calme del lago, nascondendosi dietro le colline che fanno da cornice all’immenso specchio d’acqua.
Proprio perché di origine tettonica il lago Trasimeno è molto particolare: non è mai troppo profondo, raggiungendo al massimo 6 metri di profondità in pochi punti, e le sue acque rimangono sempre calde. Sia il pesce che si trova al suo interno, sia l’altezza dell’acqua, sono determinati dalle precipitazioni registrate di anno in anno. Si può dire, quindi, che l’ambiente naturale che si trova non è mai uguale a se stesso, ma segua il corso degli eventi.
Di fronte a San Feliciano, inoltre, c’è l’isola Polvese: facilmente raggiungibile con un traghetto, offre ai visitatori spiagge in cui rilassarsi e una folta vegetazione dove perdersi in avventurose camminate.
Se dovessi descrivervi cosa ho provato a fermarmi qui un giorno, vi parlerei di un salto nel tempo. Mi sembrava di essere tornata nell’Italia anni 50, dove ogni attività commerciale è a conduzione famigliare, piccola, disorganizzata, ma calda. Quando le persone si davano ancora del tu, si conoscevano tutte e si aiutavano. Quando una città era ancora sinonimo di comunità, forse a scapito delle comodità di oggi (l’albergo non aveva nemmeno il wifi), ma che forse proprio per questo diventano realtà così belle che fanno bene all’anima.
Ci siamo stati due anni fa..splendida. Toccato gli stessi luoghi..
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