Si può vedere il mondo come l’insieme di tanti punti: città, regioni, zone geografiche.
Ma lo si può vedere anche come un insieme di linee, ovvero tanti punti consecutivi uniti da caratteristiche comuni.
Tra queste linee, ce n’è una più magica delle altre: si tratta del parallelo 43. Una linea sacra, perché collega i più grandi santuari del mondo: Santiago, Lourdes, Assisi, Medjugore. Un file rouge di energia e spiritualità.
Ma non solo: le condizioni territoriali e climatiche che si incontrano lungo questo parallelo, seppur diverse tra loro, fanno sì che questa linea diventi un punto di riferimento anche per l’enologia. Non solo il vino prodotto nei territori legati da questa “connessione” è tra i più buoni al mondo (Marche, Umbria e Toscana in Italia, ma anche Paesi Baschi in Spagna e Midi francese), ma questa linea segna anche l’evoluzione della viticultura, passando per la Mesopotamia, dove nacque la vite, la Georgia, dove nacque il vino e tutt’ora si insegna al mondo tecniche di vinificazione naturali, e Oregon, dove si trovano le principali avanguardie.
Che sia una coincidenza o che ci sia davvero qualcosa di magico lungo questa linea che connette così tanti posti magici, sacri, speciali?
Beh, ho deciso di andare a scoprirlo. Dato che ho appena concluso il Cammino di Santiago (leggi articoli 1,2,3,4), percorso che in Spagna si snoda proprio lungo il parallelo 43 (anche se ancora non lo sapevo, ditemi se non si tratta di una fantastica coincidenza), ho approfondito il tutto seguendo il parallelo 43 (ovviamente in bici) anche in Italia. La partenza è stata fissata da Grottammare, nelle Marche. La destinazione Follonica, in Toscana.
La prima tappa mi ha visto partire dal mare, quindi, per arrivare a Serrapetrona, una città conosciuta proprio per la sua vernaccia, Docg marchigiana, che si trova a 474 m di livello sul mare. La seconda, invece, mi ha portato a scavallare il confine tra Marche e Umbria, passando per l’altopiano di Colfiorito per arrivare poi a Foligno e ad Assisi.
Come potete vedere dai report del Gps… Prima di tutto, dimenticatevi la pianura. Le Marche, il territorio di cui vi parlerò in questa prima puntata, è tutto un saliscendi, con pendii ripidi e una natura selvaggia e a volte spinosa, che si addolcisce solo nel tratto che dà verso la costa. La vegetazione è spesso incolta, ancora da domare, le strade scoscese e tenute non proprio benissimo dalle varie amministrazioni comunali, gli alberi pochi, se non nei tratti di aperta montagna. Ci sono molti vigneti, dato che è una delle vocazioni primarie del territorio, ma sparsi a chiazze. E’ sicuramente una regione ancora molto selvaggia.
Il panorama che si osserva, soprattutto nei tratti più alti (si raggiunge al massimo quota 860 metri, soprattutto costeggiando i monti Sibillini) si colora di verde come la folta vegetazione o le vigne, bianco come le strade sterrate e, dove si vede, del turchese del mare. Come non fare un parallelismo con il Montepulciano, l’uva che si raccoglie da questa terra, che regala un vino caldo, potente, ma da domare per evitare di esserne sopraffatti (magari mescolandolo con il più morbido sangiovese?)
Sono partita da Grottammare, una graziosa località turistica dove sorge un monumento proprio dedicato al parallelo 43. La spiaggia è lunga, intervallata da scogli, e lì si riversano tutte le famiglie fino alle 18, quando il sole cala dietro la grande montagna che sovrasta la città portando fresco e ombra anche sulla battigia. Un panorama che si può osservare anche dal treno, visto che la linea ferroviaria passa proprio lungo la costa. La prima notte ho voluto pernottare in un agriturismo in quota (assai più caratteristico ed economico degli hotel sul lungomare), dove mi hanno deliziato con il loro montepulciano e varie specialità locali.
Il giorno dopo ho iniziato la mia attraversata. Già dalla partenza ho capito a cosa stavo andando incontro: dopo i primi chilometri di salita, nemmeno la discesa ha saputo darmi un po’ di ristoro alle gambe, dato che la pendenza era così elevata da costringermi a scendere frenando (cercando di evitare le mille buche). Certo, se si sceglie la statale si fa prima, ma lo scopo dei miei viaggi non è quello di “fare presto”, ma di godermi il panorama.
Mi sono trovata ad attraversare territori completamente disabitati, con casolari abbandonati spesso danneggiati dal terremoto. Soprattutto dopo Ripatrasone (dove se non lo sapete Yuri Chechi ha aperto un bellissimo agriturismo) per almeno due ore non incontrerete anima viva: solo gigantesche distese di vegetazione. Non ci sono alberi, solo grandi coltivazioni, e anche le infrastrutture come i ponti e le strade spesso sono chiuse perché pericolanti (ma i ciclisti ci passano lo stesso perché non ci sono alternative). Dal canto mio ho pensato di fare questo tragitto in una delle giornate più calde dell’anno e, giustamente, ho forato proprio nel bel mezzo del nulla. Fortunatamente, dopo una trentina di km, ho trovato un bar per poter almeno bere un po’ di acqua, che si è rivelato un’autentica magia, esattamente nella località di Croce Rossa, vicino a Rotella: il proprietario è un grande appassionato di tartufi e mi ha offerto un pranzo a base di bruschette con tartufo appena recuperato dal suo cane che era uno spettacolo.
Da lì, poi è ripresa la civiltà. Ho attraversato paesini medievali come Sarnano, dove sono stata accolta da sbandieratori e musici, osservato i vecchietti giocare a carte nei bar circondati da montagne, costeggiato laghi naturali o artificiali come il lago di Borgiano, dove finalmente ho trovato un po’ di ombra e relax.
Da Caccamo inizia una lunga salita, che attraversa un vero e proprio bosco, per aprire poi le porte del paradiso: una lunga discesa in mezzo ai vigneti di vernaccia che porta fino a Serrapetrona, uno splendido borgo medioevale, dove ho avuto la fortuna di capitare proprio durante la 60esima sagra della Vernaccia, la loro Docg. Si tratta di un vino che prevalentemente si trova nella sua versione di spumante dolce, facendo appassire le uve. Ma qualche cantina la propone anche nella versione secca, come “Terre di Serrapetrona”, dove sono capitata io perché è anche uno splendido bed & breakfast con vista sui vigneti mozzafiato. Serrapetrona si trova proprio sul parallelo 43.
Il giorno dopo sono ripartita e devo dire che è stato il giorno più duro. Il termometro non è mai sceso sotto i 35 gradi e il panorama è rimasto lo stesso fino a Colfiorito. Anzi, no: ho superato gli 800 metri di altitudine. E vi posso dire che per quanto dure e difficili, le strade sono un’autentica meraviglia, immerse in una natura sconfinata, senza auto o attività umane a disturbare il silenzio che regna sovrano. Nell’aria accompagna sempre l’odore speziato dell’erba medica ormai secca, e in cima ai vari passi (San Severino, Serravalle di Chienti e infine Colfiorito, dove inizia l’Umbria) il panorama è quasi lunare: non c’è nulla. Ettari ed ettari di terreni non coltivati, dove la vegetazione cresce rigogliosa, ma come pare a lei.
Una nota curiosa: lungo il percorso si snoda la via Lauretana, antica strada di pellegrinaggio che collega Roma al santuario della Madonna di Loreto. Lungo il percorso, infatti, potrete trovare molti ristori per pellegrini e soprattutto fresche fontanelle d’acqua. La più famosa è la “Fonte delle Mattinate” che si trova prima di Colfiorito, ancora nelle Marche, dove si fermano centinaia di turisti ogni giorno per fare rifornimento d’acqua. Non ha nulla a che vedere con il marchio dell’acqua Lauretana, ma vi posso assicurare che è ugualmente buona, fresca e limpida: assolutamente da provare.
una meraviglia!!!!
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La biciclettata lungo il 43° parallelo in effetti mi mancava. interessante anche la scoperta che lungo questo parallelo ci sono così tanti luoghi sacri. Una coincidenza davvero misteriosa. Bello il post, bella l’idea del 43° parallelo ma bello anche il look che hai scelto per pedalare 😉
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